I disastri della Guerra

 

11.  Neanche così
       Acquaforte, guazzo, puntasecca e bulino. 162 x 213 mm.

 

Tema simile a quello delle due acqueforti precedenti. Un militare napoleonico trascina sotto un portico o una grotta oscura una madre, che lascia abbandonata al suolo la sua figlioletta; sullo sfondo un altro soldato cerca di violentare una donna, che lo supplica senza successo; sulla sinistra si osserva la sagoma di un eremo o di una chiesa. La drammaticità della scena è sottolineata dalla diagonale che formano i personaggi in primo piano e dall'uso teatrale della luce. Firmata nell'angolo inferiore sinistro.

12.  Per questo siete nati
     
Acquaforte, guazzo, puntasecca e bulino. 163 x 237 mm.

Nell'ambito della rappresentazione degli orrori della guerra e dopo la rappresentazione della violenza sulle donne, Goya incide la prima serie di corpi senza vita (cfr. 22 e 23), tra i quali si alza un uomo che, vomitando sangue dalla bocca, presto si unirà a loro. L'utilizzazione di un paesaggio desolato senz'altro orizzonte che quello della morte rafforza il suo patetismo.

13.  Amara presenza
     
Acquaforte, guazzo, bulino e brunitoio. 143 x 169 mm.

Amara presenza quella dell'uomo legato, di spalle a sinistra, probabilmente il marito della donna che, al centro della composizione, due soldati napoleonici cercano di violentare; sulla destra, un altro militare giace con una donna, parente dei due. I porticati collegano questa scena allo stupro della stampa 11, Neanche così, fatto che conferisce agli spazi architettonici di questa serie un valore drammatico più che compositivo. Goya incise questo Disastro riutilizzando il dorso di metà della lastra originale del paesaggio con roccia e edifici (anteriore al 1810; Harris, 23); l'altra metà fu impiegata nel Disastro 15. Firmata nell'angolo inferiore sinistro

14. Com'è duro il passaggio!
     
Acquaforte, guazzo brunito, puntasecca e bulino. 143 x 168 mm.

Un condannato alla forca è condotto su una scala con l'aiuto di tre gendarmi; al tempo stesso, un frate cerca di confortare spiritualmente il reo. Due impiccati oscillano sullo sfondo; sulla destra un altro reo sembra prepararsi per il passaggio. Come nella scena seguente, Goya cerca di trasmettere la sensazione di simultaneità della morte. Questa volta, la pena capitale è inflitta a presunti collaborazionisti, secondo gli articoli II e III di un Decreto dell'inizio del 1809. Goya incise questo Disastro riutilizzando il dorso di metà della lastra originale del paesaggio con roccia e cascata (Harris, 24); l'altra metà fu impiegata nel Disastro 30.

15.  E non c'è rimedio
      
Acquaforte, puntasecca, bulino e brunitoio. 142 x 168 mm.

Un prigioniero spagnolo sta per morire fucilato dalle truppe napoleoniche; dietro di lui, un compagno muore per la raffica di un secondo plotone; ai piedi del protagonista, giace morto un altro patriota. Goya riesce così a trasmettere la sensazione della simultaneità della morte, nello spazio e nel tempo, continuazione del tema trattato nell'incisione precedente. La macchina per uccidere della guerra -anonima come le canne dei fucili che si vedono sulla sinistra della stampa- è costante, non si può fermare … e non c'è rimedio. Goya incise questo Disastro riutilizzando il dorso di metà della lastra originale del paesaggio con roccia e edifici (anteriore al 1810; Harris, 23); l'altra metà fu impiegata nel Disastro 13.

16. Ne approfittano
     
Acquaforte, guazzo, puntasecca, bulino e brunitoio. 162 x 237 mm

Due soldati napoleonici sottraggono gli abiti ai prigionieri morti. Triste bottino di cui approfittano questi militari; il cadavere che giace al centro presenta una secolarizzazione del tema evangelico della Deposizione del Cristo morto, risorsa già utilizzata nella prima stampa. Firmata nell'angolo inferiore sinistro.

 17. Non convergono
      
Acquaforte, puntasecca, bulino e brunitoio. 148 x 218 mm.

In mezzo al fragore della battaglia, suggerito dai "corpo a corpo" e dai morti sulla destra, due ufficiali napoleonici non si mettono d'accordo rispetto agli ordini cui devono dar corso: in definitiva, non convergono. Firmata due volte: la prima, quasi nascosta sotto il cavallo, vicino al margine; la seconda, sotto il fucile del soldato morto, a destra.

18. Seppellire e tacere
    
Acquaforte, guazzo brunito, puntasecca e bulino. 163 x 237 mm.

Una coppia sconsolata si tura il naso per non annusare il fetore che sprigiona il mucchio di cadaveri maleodoranti ammucchiato ai loro piedi, tutti denudati da quelli che ne approfittano. La morte, nello spettacolo di desolazione, è la protagonista della stampa, una delle più patetiche e di miglior risoluzione plastica della serie. La composizione ha a che vedere con quella della stampa 60. Firmata vicino al margine inferiore sinistro.

19. Non c'è più tempo
     
Acquaforte, guazzo, puntasecca, bulino e brunitoio. 166 x 239 mm.

Un ufficiale mamelucco, per ristabilire la disciplina o per avvisare della vicinanza del nemico, provoca il cessare della violenza sulle donne perpetrata dalla soldataglia: non c'è più tempo. Gli uomini che le difendevano sono morti; a quello sulla destra, agonizzante, un mamelucco si dispone ad infliggere un colpo con la sciabola, azione che la presenza dell'ufficiale pare interrompere. Firmata nell'angolo inferiore sinistro, sotto la gamba del soldato napoleonico.

20. Curarli e poi avanti!
     
Acquaforte, guazzo, bulino e brunitoio. 162 x 237 mm.

Soldati francesi feriti, quasi moribondi, vengono curati per tornare rapidamente al fronte. Completano la scena un paesaggio di cadaveri e una natura patetica come la malattia dei militari: il profilo degli alberi mostra i rami simbolicamente rotti (cfr. 16 Ne approfittano). La composizione del soldato ferito sulla sinistra sembra preludiare quella della tela Goya accudito da Arrieta (Minneapolis Institute of Arts, USA, 1820) e contemporaneamente secolarizza l'iconografia della Pietà cristiana. Firmata e datata 1810 in basso a sinistra seminascoste dal tratteggio dell'acquaforte.

 

                1 – 2 – 345