I disastri della Guerra

21.  Sarà la stessa cosa
Acquaforte e guazzo brunito. 148 x 218 mm.

Due uomini ammucchiano i cadaveri di un gruppo di guerriglieri morti in qualche azione (si osservi la cartucciera di uno di loro), mentre una donna piange amaramente queste morti. Il significato della lastra non è chiaro: domina nuovamente il patetismo della morte, affermato dall'espressività della luce. Firmata due volte nell'angolo inferiore sinistro.

22. Tanto e più
Acquaforte, guazzo e bulino. 162 x 253 mm.

In questa lastra Goya ripropone il protagonismo patetico della morte, imperante in trentaquattro acqueforti della serie. Un gruppo di cadaveri di guerriglieri giace vicino alle proprie armi, sciabole e fucili; l'insieme costituisce l'orizzonte della composizione, risorsa espressiva ripetuta altre volte nella serie con evidente valore simbolico. Sullo sfondo si osserva solo un edificio appena abbozzato. Firmata e datata 1810, nell'angolo inferiore sinistro.

23. La stessa cosa altrove
Acquaforte, guazzo, puntasecca e bulino. 162 x 240 mm.

La stessa cosa della stampa precedente, ma altrove. Ci sono due varianti significative tra il disegno preparatorio e l'acquaforte: la composizione è in una grotta, come accade in alcuni quadri di quest'epoca (ad esempio la serie bellica del marchese di la Romana) e un guerrigliero, vivo nel disegno seppur raggiunto da uno sparo, appare qui morto, di schiena sulla sinistra, fatto che intensifica l'effetto patetico della morte. Firmata due volte vicino al margine inferiore, verso sinistra, una delle quali sotto il tratteggio dell'acquaforte, l'altra, definitiva, nella zona bianca.

24. Potranno servire ancora
Acquaforte e brunitoio. 163 x 260 mm.

Un gruppo di militari spagnoli ha appena finito di combattere vicino a una fortezza; i feriti, che rappresentano piuttosto dei morti, sono recuperati dai civili. Se guariscono, potranno servire ancora. Firmata nell'angolo inferiore sinistro.

25. Anche questi
Acquaforte, puntasecca e bulino. 165 x 236 mm.

Continuazione della stampa precedente. Questa volta l'azione ha luogo in un ospedale di campagna in cui oltre ai malati è rappresentata la morte. Notevole è l'insieme dei personaggi: vivi, convalescenti o morti rappresentati di scorcio che conferiscono alla scena una paradossale dinamicità. Firmata vicino al margine laterale sinistro.

26. Non si può guardare
Acquaforte, guazzo, puntasecca e bulino. 145 x 210 mm.

Fucilazione di un gruppo di patrioti, uomini, donne e bambini. Come in altre scene della serie, l'azione, illuminata da una luce espressiva, non naturalista avviene in una grotta, senza che si vedano gli attori dell'esecuzione (è l'anonimato della macchina per uccidere); appaiono però le punte delle baionette (cfr. 15 E non c'è rimedio). Firmata nella parte inferiore sinistra, parzialmente nascosta dal tratteggio dell'acquaforte.

27. Carità
Acquaforte, guazzo, puntasecca, bulino e brunitoio. 163 x 236 mm.

Continuazione del tema della stampa 18 Seppellire e tacere. I cadaveri già vittima della spoliazione (cfr. 16 Ne approfittano) vengono ora buttati, nudi, in una tenebrosa fossa comune. Se nell'acquaforte 18 si alludeva a questioni di salubrità (l'uomo che si turava il naso), qui si fa riferimento, forse con ironia, alla virtù della carità. Firmata e datata nel 1810, nell'angolo inferiore sinistro.

28. Popolino
Acquaforte, guazzo, bulino, puntasecca e brunitoio. 177 x 220 mm.

Un presunto traditore, dopo essere stato trascinato per le strade, è bastonato da una coppia con la connivenza del volgo, tra cui spicca un ecclesiastico con copricapo. Goya chiama con spregio popolino questa gente, che consente gesti simili, con cui dimostra la stessa barbarie del nemico. Tadeo González Mateo scrive sulla Gaceta del 16 ottobre 1808: "Convinciti che non ci si può aspettare niente di buono da crimini ed eccessi; tutto è negativo e controproducente per la patria: chi prova piacere a trascinare vivo un uomo che non conosce fino a fargli perdere la vita tra le pietre […]".

29. Se lo meritava
Acquaforte, puntasecca, bulino e brunitoio. 180 x 220 mm.

Continuazione della stampa precedente, questa volta con un senso di ironica approvazione. Nelle due acqueforti Goya reitera il tema della mancanza di ragione, che può provocare nell'uomo la bestialità più assoluta (cfr. 2 Con o senza la ragione e 3 Idem). La violenza fisica che sembra evincersi dalla scena non è meno vivida della descrizione di González Mateo: "chi gioisce nel vedere scorrere il suo sangue [dell'uomo trascinato], ascolta con serenità se non con piacere i suoi ultimi lamenti e sospiri e conclude il suo feroce divertimento riempiendo di carne umana i buchi delle strade e bruciando il resto per spargerne le ceneri, è capace di commettere più atrocità di quante se ne possano immaginare".

30. Stragi di guerra
Acquaforte, puntasecca, bulino e brunitoio. 141 x 170 mm.

Una bomba ha distrutto una casa e ha provocato un'esplosione di ciò che conteneva; il corpo di una giovane donna cade su un mucchio di cadaveri dilaniati dallo scoppio. Ispirata agli avvenimenti del primo assedio di Saragozza, la scena creata da Goya è convincente e piena di drammaticità. Firmata nella parte inferiore sinistra, non visibile per il tratteggio. Goya incise questo Disastro riutilizzando il retro della metà della lastra originale del paesaggio con roccia e cascata (Harris, 24); l'altra metà fu impiegata nel Disastro 14.

 

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