Michelangelo (Michelangelo Buonarroti) Italiano Pittore, architetto e scultore (Caprese, Firenze, 1475 -
Roma, 1564) |
Lasciò il paese natale giovanissimo trasferendosi poi a Firenze
dove, mostrando grande ammirazione per il disegno, cominciò a studiare con
Ghirlandaio. Quindicenne, preferì sottrarsi all'insegnamento del maestro,
vivendo nel giardino di S. Marco, protetto da Lorenzo de' Medici; qui fu
allievo di Bertoldo di Giovanni ed eseguì
la Madonna della Scala e la Battaglia dei Centauri. Alla
morte del magnifico, lasciò Firenze per poi recarsi a Bologna, Firenze,
Venezia e successivamente di nuovo a Bologna, modellando e dipingendo opere
oggi perdute fatta eccezione per alcune statue per l'arca di S. Domenico a
Bologna. Nel 1496 fu invitato a Roma, in particolar modo per la
sua capacità di imitare perfettamente le sculture classiche: qui scolpì il Bacco,
il Cupido e la celeberrima Pietà di S. Pietro. Tornato
in patria ormai con una grande fama, eseguì per il Cardinale Francesco
Piccolomini le statue dei SS. Gregorio, Pio, Pietro e Paolo e per la
Signoria il gigantesco David. Le opere di questo periodo furono poco
numerose, così ebbe molto tempo per
dedicarsi anche alla poesia, una attività che gli fu poi sempre cara,
componendo diversi sonetti. Di alcuni lavori, come il cartone della Battaglia
di Cascina e il tondo bronzeo della Madonna col Bambino, si hanno
solo notizie; sono invece conservati i
tondi della Madonna col Bambino e S. Giovannino al Bargello e
all'Accademia di Londra ed il bellissimo tondo Doni con la Sacra Famiglia (Uffizi).
Incaricato da Giulio II di erigergli un mausoleo, si recò a Carrara per
raccogliere i marmi adatti, ma poi il pontefice cambiò idea e l'artista si
sdegnò con lui, riappacificandosi solo dopo l'incontro a Bologna dove fece in
bronzo il ritratto del papa. Chiamato nuovamente a Roma, accettò, dopo
diversi rifiuti, di eseguire la sua opera più famosa: gli affreschi della
volta della cappella Sistina. L'immane lavoro che volle eseguire senza nessun
aiuto, durò dal maggio 1508 all'ottobre 1512. Rinunciando al troppo semplice
progetto di dipingere solo le figure degli Apostoli, ornò oltre 300 metri
quadrati della volta con finte arcate marmoree all'interno delle quali pose
sette figure dei Profeti alternati a cinque Sibille, mentre
immensi ignudi si sostituiscono alle forme architettoniche sorreggendo le
finte volte e contribuendo essi stessi a dare valore architettonico a tutta
la composizione. Queste figure sono tra loro staccate da quattro scomparti
triangolari a capo della volta (Giuditta e Oloferne, David e Golia, Il
serpente di bronzo e La Crocifissione di Ammano), dai numerosi
triangoli ornati da figure e, nelle lunette sopra le finestre, dalla
Stirpe di Abramo a dalla Stirpe di David. Al centro di questa
immensa composizione sono altre scene rettangolari di due diverse dimensioni,
alternate tra loro: l'Irrisione di Noè ubriaco da parte dei figli, il Sacrificio,
il Peccato originale e la scacciata dall'Eden, la Creazione di Eva,
la Creazione dell'uomo, la Separazione delle acque, la
Creazione degli astri maggiori e della Terra e infine La divisione
della luce dalle tenebre. Contemporaneamente a questa impresa eseguì anche altre
opere, tra le quali è da ricordare il Seppellimento di Cristo della
National Gallery di Londra. Morto Giulio II (1513), il maestro riprese la
vecchia idea del mausoleo per il pontefice, che, per un cumulo di
circostanze, non poté mai essere compiutamente realizzato secondo
l'ambizioso, grande progetto iniziale. Dopo molti anni di lavoro, nel 1545
furono sistemate solo le stupende statue di Mosè, di Rachele e
di Lia in S. Pietro in Vincoli, mentre rimanevano simili al bozzetto
originale lo Schiavo morente e lo Schiavo ribelle del Louvre e,
a Firenze, forse la Vittoria e il Giovane schiavo, lo Schiavo
barbuto, l'Atlante, lo Schiavo ridestantesi. Nel frattempo, nel 1518 fu incaricato da Leone X di
eseguire la facciata della chiesa fiorentina di S. Lorenzo; due anni più tardi,
nonostante il maestro si fosse interessato della cosa, il contratto fu
sciolto ed egli fu incaricato di provvedere alla sistemazione della Sagrestia
nuova della stessa chiesa da adibire a sepolcro dei Medici. Nel 1525 la
cappella era già stata conclusa, ma non tutti i progettati sepolcri furono
portati a termine; nel 1533, salvo le ultime rifiniture, potevano dirsi
completate la statua di Lorenzo duca d'Urbino, con le allegorie del Crepuscolo
e dell'Aurora, quella di Giuliano duca di Nemours con le allegorie
del Giorno e della Notte e la statua della Madonna col
Bambino per l'altare della porta d'ingresso. I sarcofagi delle tombe
avrebbero dovuto essere ornati nella parte bassa anche da allegorie dei Fiumi
dell'Ade; ma di questo rimane solo un modello mutilo nell'Accademia di
Firenze. Dal 1527 intanto si stabilì di nuovo a Firenze dove, dopo la
cacciata dei Medici, cooperò alle opere di fortificazione in difesa della
giovane repubblica. Nel 1529, con la caduta di questa, fu costretto a fuggire
a Ferrara e a Venezia, e solo alla fine dell'anno dopo, potè usufruire di un
salvacondotto per tornare in patria. Portato a termine il lavoro in S.
Lorenzo, nel 1535, tornò a Roma, nominato da Paolo III pittore, scultore e
architetto del Palazzo Vaticano. L'anno successivo conobbe Vittoria Colonna, la donna di alto
sentire per la quale Michelangelo provò sempre una profonda ammirazione. Nel
1536 riprese i lavori della Cappella
Sistina dipingendo, in cinque anni, l'immane Giudizio Universale:
distrutte le sue stesse lunette e i precedenti affreschi di Perugino,
l'artista compose la sua grande scena; in alto il Regno dei cieli, al centro
Cristo giudice circondato dalla Vergine e dai Santi; alla sua destra gli
eletti che salgono verso il cielo, alla sua sinistra i dannati che scendono
verso l'inferno rappresentato in basso con crudo realismo. Nonostante diverse
contaminazioni posteriori, tra l'altro le diverse figure rivestite da Daniele
da Volterra mentre l'artista era ancora in vita, per un malinteso spirito
moralistico l'opera resta una delle maggiori composizioni pittoriche di tutta
l'arte, dotata, pur nella sua complessità, di un raro equilibrio. Un anno più
tardi infine iniziò i suoi ultimi dipinti romani eseguendo per la Cappella
Paolina due grandi affreschi portati a termine nel 1550: la Conversione di
Saul e la Crocifissione di S. Pietro. Di questo periodo da
ricordare anche il Crocifisso dipinto per Vittoria Colonna nel 1454,
purtroppo perduto. In quest'epoca si dedicò anche, con sempre maggior
fervore, all'attività di architetto. Nel 1546 succede ad Antonio da Sangallo
nei lavori di Palazzo Farnese e nelle fortificazioni di Borgo; l'anno
successivo disegnò la nuova piazza e gli edifici del Campidoglio. Nel 1553
lavorò alla Pietà del Duomo di Firenze, già destinata a S. Maria
Maggiore di Roma dove doveva sorgere la sua cappella funeraria; nella foga
della lavorazione spezzò e distrusse il braccio e la gamba del Cristo e
lasciò l'opera non finita anche se poi restaurata da Tiberio Calcagni; non
esattamente databile invece, ma senza dubbio degli ultimi anni, un'altra Pietà,
quella di Palestrina, oggi unanimemente attribuita al maestro. Alla morte di
papa Giulio III la nomina del nuovo pontefice Marcello II (1555), che era
notoriamente ostile a Michelangelo, sembra indurlo a lasciare Roma per
tornare a Firenze; ma il papa scompare dopo un solo mese di pontificato e
Paolo IV gli rinnova la carica di architetto di S. Pietro commissionandogli
la cupola della chiesa. Michelangelo inizia allora quel superbo modello in legno
che sarà pronto solo dopo cinque anni, mentre prosegue la sua attività di
architetto disegnando Porta Pia e altre porte romane, la chiesa di S.
Giovanni e quella di S. Maria degli Angeli. Le forze vanno man mano abbandonando il vecchio artista
al quale, nonostante i suoi alti meriti, va solo la benevola tolleranza dei
potenti. Dalle sue mani stanche, ma sempre desiderose di operare, viene
iniziato un marmo che sarà però scartato perché inservibile; l'artista ormai
quasi cieco vi lavora freneticamente negli ultimi giorni della sua vita
modificando continuamente le forme, in un estremo tentativo di dare vita a
un'opera di alta potenza drammatica. Con la Pietà Rondanini (Milano,
Castello) il grande maestro muore lasciando un ultimo esempio della sua forza
evocatrice del mistero sublime dell'uomo. |
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